Agnese Giannoni, che sta frequentando il Percorso per divenire Mental Coach di Primo Livello, è Psicologa Clinica e di Comunità, Naturopata, ed ha all’attivo diverse pubblicazioni tra cui: “Anoressia e Bulimia, le mie nemiche. Lettere al corpo per stare di nuovo bene insieme”, “La misura dell’aggressività. I test più usati nella clinica dei comportamenti aggressivi”, “Scegliere la propria psicoterapia. A colloquio con i terapeuti”. Qui di seguito ci propone una interessante relazione sul viaggio Archetipico e l’incontro con il “Drago”.
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Lo conoscono tutti: bambini, ragazzi, genitori, adulti, anziani, medici, politici, sportivi, insegnanti, ristoratori, operai… Ne parlano con timore, con speranza, con angoscia, con ironia. Intanto Covid-19, o più comunemente Coronavirus, è lì, pronto ad assumere ogni volta nuove sembianze a seconda di chi prova a descriverlo, a sfidarlo, ignorarlo, combatterlo, a nascondersi… E se lui fosse il Drago moderno per risvegliare l’Eroe oggi? Quale sarebbe, in questo caso, il senso? Perché ora? Perché con noi? Perché così aggressivo? Perché…? Ancora quanto? Da dove è venuto? Cosa vuole? Chi ha perso una persona cara vorrebbe chiedergli perché proprio lui/lei? Perché a me? Sicuramente ognuno avrebbe la sua domanda da fargli.
Quando è apparso sullo scenario italiano la prima reazione archetipica è stata quella dell’Innocente che, ingenuo e speranzoso, ha pensato che questo Drago sarebbe stato innocuo, “una semplice influenza, come quelle che capitano tutti gli anni” e non erano necessarie risorse particolari, né nuove abitudini di vita. Ma il Drago aveva altri progetti, così ha continuato a diffondersi fra le persone; ad alcune è entrato dentro ma, mentre trascorrevano i giorni, si è impadronito dei pensieri e delle conversazioni di tutti. Così è calata l’Ombra sull’Anima dell’Orfano e il suo sguardo è diventato diffidente e sospettoso verso l’esterno, alla ricerca del colpevole, alimentando la sfiducia nei propri simili, abbandonato dalle certezze precedenti. Le sue domande sono diventate: Cosa succederà? Quanto durerà? Chi è stato? Iniziando a dubitare di tutto e tutti.
Il Drago è rimasto lì, imperterrito. Non ascolta nessuno, non si fa conoscere da nessuno. Aumentano le persone che vogliono scoprire chi è per sconfiggerlo. Giornalisti, medici, opinionisti, personaggi dello spettacolo, scienziati, politici, persone comuni, scrittori, cantanti… Ognuno ha un modo di rappresentarlo, un aggettivo per etichettarlo. È un nemico e non solo.Non si può più aspettare che se ne vada, dice il Guerriero, bisogna combatterlo. Così vengono proposte strategie difensive perché, da un simile Drago, bisogna prendere le distanze: lavarsi le mani con il sapone, starnutire nel fazzoletto o nell’incavo del gomito, disinfettare gli ambienti. Poichè questo non basta, arrivano proposte di contenimento: si chiudono le scuole, gli eventi sportivi si disputano a porte chiuse, bisogna stare a distanza di 1 metro uno dall’altro.
Il Drago, intanto, lascia fare, osserva e continua il suo tragitto: per lui le distanze non esistono e percorre, irrefrenabile, migliaia di chilometri in pochissimo tempo. Ha bisogno delle persone per essere visibile. La sofferenza di chi viene colpito è spesso tremenda: soffocante. I primi ad accorgersene sono i medici e gli infermieri. Le loro armi a disposizione sono insufficienti per un nemico nuovo e spaventoso come questo, sono come piccoli Davide contro un Golia gigantesco. Hanno solo la fionda del coraggio per cercare di vincerlo. E se ci volesse qualcosa di più? Ed ecco che la televisione inizia a parlarci di loro come Eroi che non solo danno medicine, ma curano con la vicinanza che è presenza reale e silenziosa. Le loro vite sono le prime ad essere trasformate: non ci sono più turni, non ci sono orari, ma la tenacia, la passione e la compassione, la voglia di lottare perché la battaglia di ogni persona colpita è la loro battaglia. Medici e infermieri diventano, così, Angeli Custodi che vegliano notte e giorno al capezzale degli ammalati dei quali controllano i monitor alla ricerca di segnali di ripresa: quelle persone sono i loro ammalati dei quali si sentono responsabili perché non hanno i loro cari vicini, e sono la loro voce e le loro orecchie per comunicare con l’esterno.
Intanto il Drago appare in altri luoghi del mondo, senza preavviso, nello stesso modo, con la stessa forza, senza guardare in faccia nessuno. Impietoso e aggressivo, inarrestabile: ecco come hanno cominciato a definirlo i mass media. E se fosse il riflesso di qualcosa che è dentro di noi? Qualcosa che vuole farci capire che stiamo smarrendo la “retta via”? Il Cercatore accetta la sfida. Cosa sta dicendo di me questo Drago? Di cosa mi sta parlando? Cosa cerca di farmi capire? Così comincia a spostare il focus dell’attenzione dall’esterno all’interno, fino alla fatidica quanto difficile domanda: Chi sono io? Chi sono diventato?
“Io sono responsabile della mia rosa”, aveva detto un Piccolo Principe sceso sulla Terra dal suo asteroide. Di chi e di cosa mi sento responsabile? Si chiede l’Eroe in questa tappa di maggiore consapevolezza. Chi amo veramente? Chi è veramente importante per me? Ed ecco che nasce dal cuore l’attenzione verso i propri cari: la priorità è la gioia di saperli al sicuro e il cuore dell’Amante batte all’unisono con quello delle persone guarite (perché nel frattempo non sono più casi ma persone, non numeri, ma storie) ed attende con speranza che non ci siano ulteriori contagi nel resto del mondo, non solo nel fazzoletto di terra che conosce. Davanti a tante, troppe morti c’è solo una cosa importante ed essenziale: la qualità della vita. Ci sono tribù in Africa il cui saluto non è uno sfuggente “Ciao” ma “Ti vedo, sei importante per me e ti apprezzo”, e la risposta è “Allora esisto per te” e con gli occhi del cuore l’Amante osserva ciò che succede. Con la stessa importanza guarda i propri cari e le altre persone che condividono questo momento con lui, vede con attenzione i bisogni, le paure sue e di tutti. Per questo diventa capace di accogliere le persone come sono, perché ognuna di loro è parte di lui. Ed il mondo comincia ad essere un grande puzzle in cui ogni creatura è un pezzo fondamentale.
Il Drago non è ancora sicuro che abbiamo capito la lezione, ci osserva con sospetto. Il Distruttore cerca la risposta ancora più in profondità: “Chi e cosa è veramente importante per me?”. Adesso si può uscire di casa solo quando è strettamente necessario e il tempo sembra non passare mai. Eppure, nella sua ciclicità, il giorno lascia spazio alla notte, il sole alla luna. Il Distruttore capisce che è arrivato il momento di sbarazzarsi del superfluo: idee, mode, regole, abitudini, orari. Il sacrificio di ognuno è per il bene di tutti. Non serve affannarsi nello shopping, cercarsi in nuovi look o tagli di capelli, non si comunica meglio con l’ultimo modello di smartphone. Per questo il Distruttore mostra la vera natura, lasciando emergere, nel bene e nel male, chi è l’Eroe veramente. Da queste ceneri risorge lo spirito del Creatore: è il momento in cui l’Eroe può scegliere se essere una persona viva che cerca, pur rispettando tutte le norme vigenti, di andare avanti normalmente o una persona che guarda alla morte, al pericolo, che urla in preda al panico in televisione e si comporta, e ragiona, come fosse già morta. Per questo il Creatore stabilisce nuovi obiettivi con la voglia, il desiderio di riprogrammare la vita dando la priorità ad un abbraccio, al calore della stretta di mano, al valore delle parole scambiate guardandosi negli occhi, al respiro che entra ed esce.
Nel nuovo Regno che ha conquistato dentro di sé, il Sovrano proclama nuovi e antichi valori quali libertà, fratellanza e uguaglianza per il mondo intero e il suo fedele consigliere, il Mago, sa che i sentimenti di vicinanza e collaborazione, che hanno risvegliato il Drago dovranno essere eterni ed universali, così come il rispetto per la natura. Poiché sa che ciò che nomina esiste, il Mago pronuncia con attenzione le parole perché con esse crea il suo mondo e la realtà che percepisce e, quando dialoga con il Drago, alla parola “guerra” preferisce la parola “opportunità”, a “problema da combattere” sostituisce “soluzione da scoprire”. A questo punto il Drago si mostra nelle sue vere sembianze al Saggio perché sa che lui non lo giudica, ma lo osserva, lo ascolta, lo conosce perché si riconosce in lui. E in lui non vede il peggio di sé e del mondo, ma un’opportunità di riflessione.
Forse questo Drago vuole dirci che è stanco della gerarchia rovesciata di valori morali dove la violenza è padrona dei comportamenti di troppe persone: per questo si è impadronito di social, giornali, perché parlando di lui, gli altri potessero sfogare le loro emozioni di rabbia e disgusto e preservare, così, altre creature più fragili. Forse ci ha voluto in casa, non per nasconderci, non per punirci, ma per farci scoprire “la casa dolce casa”, la bellezza del dialogo, l’avventura di una passeggiata. Se viviamo con rispetto con chi condivide la nostra casa, forse possiamo ancora essere capaci di abitare il mondo intero con rispetto e attenzione, con cura e amore. Vuole ricordarci che esiste una sola razza: quella umana, come diceva Einstein, ma che ci siamo scordati quando abbiamo indicato la Cina come colpevole.
Infine, dall’orizzonte dell’attesa, ecco arrivare il Folle che porta la gioia, la spontaneità, l’attimo fuggente da godere pienamente. La sua lunga Ombra si proietta nelle battute ironiche e nei video surreali che stanno spopolando da troppo tempo, che vogliono dire al Drago che per loro conta talmente poco che possono riderci sopra. È sempre la sua Ombra che afferma, scrive e dipinge arcobaleni di “Andrà tutto bene” ma niente può cambiare se il modo di pensare e di fare di ieri è uguale a quello di oggi. Al contrario, il Folle-Saggio dice “Va tutto bene” perché si impegna concretamente a fare in modo che sia già così, perché la sua casa è il mondo ed ogni essere umano è il benvenuto. Il Folle in luce è l’entusiasmo che ci ha risvegliato ogni bambino nato in questo periodo e la solidarietà dei medici già in pensione che tornano in prima linea, perché salvare vite è una vocazione senza data di scadenza. Ed è sempre il Folle che ci insegna che la felicità non è un sostantivo astratto ma un avverbio di modo. Per questo, non si professa ingenuamente felice, ma felicemente abita il mondo, felicemente celebra la vita ovunque, comunque!