Paola Marcon è docente di scuola secondaria, ricoprendo anche il ruolo di Responsabile dell’Orientamento e tutor dei docenti in anno di prova per il proprio istituto comprensivo. Le competenze sviluppate sia in ambiente scolastico che extra-scolastico le hanno permesso di diventare Responsabile dei rapporti con la Scuola e dei Campionati studenteschi per FISI – Comitato regionale Veneto; a fronte di questo incarico partecipa a gruppi di lavoro con Enti, Istituzioni e Associazioni per l’organizzazione di attività sportive e culturali destinate alla promozione dei valori dello sport, soprattutto in ambito giovanile. Laureata in Lettere presso l’Università di Padova, a giugno 2024 ha conseguito la prestigiosa Laurea in Scienze e Tecniche di Mental Coaching. (Leggi Comunicato “Graduation Day“)

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Purtroppo la cronaca ci mette spesso di fronte al fatto che abusi fisici e psicologici sono fenomeni presenti nel mondo dello sport, sia professionistico sia dilettantistico; i dati forniti recentemente dall’associazione italiana ChangeTheGame, a conclusione di un progetto di ricerca Nielsen, mostrano che, su un campione di 1500 atleti, il 40 per cento ha subito atti di violenza. La maggior parte delle vittime, in questo caso, sono maschi, gli abusi più frequenti sono quelli di carattere psicologico e gli autori sono il più delle volte i compagni di squadra. In altri casi gli abusi vedono protagonisti, in negativo, gli allenatori e si è riscontrata la concomitanza con una gestione inadeguata del potere conferito dal ruolo.

Ma l’abuso nello sport può avere ulteriori connotazioni particolari e specifiche dovute a contesti non sempre limpidi, che si prestano anche a reati persecutori come il revenge porn e lo stalking. La trasferta, le aree comuni, lo spogliatoio, l’uso non sempre adeguato dei social, persino un’esultanza violenta e sessista, mettono a rischio atleti e atlete di qualsiasi età.
Il Legislatore ne ha tenuto conto e oggi, in ottemperanza all’art. 33 del D.lgs. 36/21 e alla Delibera della Giunta Nazionale CONI n. 255 del 25 luglio 2023, ogni sodalizio sportivo è obbligato a dotarsi di una figura interna o esterna denominata “Responsabile contro abusi, violenze e discriminazioni” o “Responsabile in materia di safeguarding” che ha il compito di monitorare e controllare il rispetto delle prescrizioni introdotte dalla normativa.

Il CONI, nelle proprie Linee Guida, ha previsto le seguenti fattispecie di abuso, violenza e discriminazione:
a) l’abuso psicologico;
b) l’abuso fisico;
c) la molestia sessuale;
d) l’abuso sessuale;
e) la negligenza;
f) l’incuria;
g) l’abuso di matrice religiosa;
h) il bullismo, il cyberbullismo;
i) i comportamenti discriminatori.

Il ruolo del Responsabile, quindi, è stato creato per prevenire e contrastare ogni forma di comportamento riprovevole o illecito verso i tesserati e per proteggere la loro integrità psichica e fisica. Oltre a ciò, svolge funzioni di vigilanza circa l’adozione e l’aggiornamento dei modelli e dei codici di condotta, nonché di referente per eventuali segnalazioni di condotte rilevanti ai fini delle politiche di safeguarding, potendo, agli stessi fini, svolgere anche funzioni ispettive e audizioni. Si evidenzia da più parti che il Responsabile deve assolvere ad un compito che richiede l’esistenza di un clima di confidenza e di fiducia da parte degli atleti, soprattutto i più giovani, che potrebbero incontrare difficoltà ad “aprirsi” e rilasciare dichiarazioni a un estraneo; senza dimenticare che è certamente più facile per chi è abitualmente a contatto con loro intercettare eventuali segnali di disagio e raccogliere “confidenze” o “sfoghi”, che più difficilmente possono essere acquisiti in esito a ispezioni o audizioni.

Il Responsabile dovrà, quindi, essere una persona preparata, possibilmente dotata di competenze specifiche ed esperienze a livello educativo e psicologico, dovrà essere, inoltre, adeguatamente formata e costantemente aggiornata. Questa descrizione rappresenta perfettamente, a mio avviso, gli estremi della nostra professionalità in riferimento alle attività di Profiling Coaching®. È innegabile, infatti, che i risvolti penali previsti per i soggetti coinvolti rendano necessari approcci scientifici che riducano al minimo la possibilità di errore o fraintendimento.

L’avere un quadro il più possibile definito della personalità dei soggetti coinvolti in una eventuale segnalazione di abuso può sicuramente aiutare il Responsabile Safeguarding a svolgere al meglio il proprio compito. Il Profiling Coaching®, in questo contesto, mette a disposizione degli operatori strumenti e chiavi di lettura di alto livello, mediante l’utilizzo di test e questionari ma anche mediante lo studio delle sindromi psicologiche che Amanda Gesualdi ha ben descritto nel suo recentissimo libro “Profiling Coaching”. In particolare, ritengo molto interessanti i Forms sul Modus Operandi, sulla Comunicazione Non Verbale e sul “Riconoscere la Menzogna”, utilissimi strumenti per guidarci in una serie di osservazioni che allenano a cogliere segnali di non-verità.

Il Legislatore, poi, ha posto l’accento anche sul fatto che l’Associazione sportiva debba occuparsi di formazione nei confronti di tutti i soggetti coinvolti e prevedere adeguate misure per la diffusione o l’accesso a materiali informativi finalizzati alla sensibilizzazione sui concetti di abuso, violenza e discriminazione ma anche, ad esempio, sul concetto di benessere. Anche in questo caso, il Profiling Coaching® può fare la differenza perché, se da una parte, esso aiuta il Responsabile ad inquadrare le persone che ha di fronte, dall’altra rappresenta uno strumento prezioso per gli atleti per aumentare la propria conoscenza e consapevolezza, la fiducia nelle proprie possibilità e la resilienza di fronte ad avvenimenti negativi. Durante le attività di formazione, soprattutto per quanto riguarda i giovani atleti, il fatto di sviluppare la consapevolezza di sé e degli altri, può contribuire a renderli certamente meno esposti agli abusi, soprattutto quelli psicologici.

Il Profiling Coaching® poi, definito da Amanda Gesualdi come ”l’insieme di due discipline che hanno lo scopo di portare luce sui talenti delle persone al fine di ottimizzare le scelte verso l’eccellenza in ogni campo della vita”, ha la concreta possibilità di supportare gli atleti nell’identificare i propri punti di forza e di debolezza come pure nel potenziare la capacità di gestire positivamente le emozioni difficili e lo stress. Questi fattori, infatti, possono aumentare il rischio di subire situazioni di sopraffazione, ma soprattutto impedire l’emersione del fenomeno mediante la segnalazione.

In definitiva, ancora una volta, attraverso gli strumenti che ci vengono messi a disposizione anche dal Profiling Coaching®, abbiamo modo di dare un contributo ulteriore al mondo dello sport ed alla sua etica, poiché le attività sportive hanno valore nella misura in cui costituiscono un mezzo a servizio della crescita della persona nelle sue varie dimensioni, e funzionale allo sviluppo di rapporti più umani, più arricchenti, più sicuri, per tutti.

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