Sara Marcionni – tuttora atleta di livello nazionale, vincitrice di tornei internazionali, con due esperienze di partecipazioni agli Internazionali di Roma, Mental Coach Pro e Tennis Coach – ci propone un articolo da cui ha poi tratto lo Speech durante gli Esami MCP di Bocconi Sport Team 2019.

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Cercasi uomini per un viaggio rischioso. Paga bassa, freddo glaciale, lunghe ore di completa oscurità. Incolumità e ritorno incerti.” Ernest Shackleton

Fu questo l’articolo che uscì l’1 Febbraio 1914 sul quotidiano londinese Times. A pubblicarlo, Sir. Ernest Shackleton che stava reclutando la propria squadra per la spedizione in Antartide. L’annuncio sembrava scoraggiante eppure a rispondere furono in 5000 e ne furono scelti solo 27. Cosa avrà motivato 5000 uomini verso un viaggio così pieno di disagio? Ognuno avrà avuto le proprie ragioni per mollare tutto e partire… L’unica cosa certa è che l’energia necessaria per andare avanti l’hanno trovata dentro loro stessi. Questa è la vera motivazione, il vero motore!

Mi ritengo una persona molto motivata e determinata al raggiungimento dei miei obiettivi e ricevere la motivazione da una persona esterna l’ho sempre trovato quasi fastidioso, invasivo e a tratti falso. La vera motivazione per fare e raggiungere qualcosa, nasce solo ed esclusivamente da dentro ciascuno di noi! Spesso si identifica il Mental Coach con il ruolo del motivatore, ma in realtà i ruoli che ricopre tale figura sono altri, ad esempio aiuta a generare una forte alleanza con l’atleta nel percorso insieme. In ambito tennistico e nei tornei internazionali ITF (International tennis Federation), e Open Nazionali, è raro vedere un giocatore autonomo, sono quasi tutti accompagnati da qualcuno, amico, genitore, sparring partner, ognuno con un unico compito… soddisfare i bisogni del giocatore, dandogli rassicurazioni, facendolo sentire al sicuro in modo da “tutelarlo” senza renderlo responsabile e indipendente, impedendogli di poter crescere davvero e creando così un legame non sano. Soddisfano i loro bisogni apparenti che spesso non sono legati a bisogni più profondi, che in realtà non prendono nemmeno in considerazione. Questo è molto chiaro e si vedono così, 100 atleti che nonostante abbiano fisici e capacità tecnico-tattiche differenti fanno la stessa cosa e provano anche ad imitarsi tra loro. Il riscaldamento è il medesimo per giorni, mesi, anni: 3 minuti a metà campo scambiando lungolinea e diagonale, 6 minuti a rete per provare volée e smash, e 6 minuti si servizi e risposte. Se provi a chiedere di fare qualcosa di diverso ti rispondono di “no” come se fosse un reato! Questa sorta di rituale, lo considero come “una morte”!

Lo vedo esattamente come il prendere una pastiglia che ti faccia passare il mal di testa, il problema sarà anche risolto momentaneamente, ma la causa? Perché ho avuto dolore? E ritornando a prima, perché devo fare qualcosa sempre uguale per mesi? Per omologarmi? Nessuno si interroga perché c’è una sorta di “tappabuchi” momentaneo, un anestetico che non permette di vedere, di vivere a fondo il problema perché blocca il dolore e dà momentaneamente una sensazione di benessere e intanto si vive nella menzogna… Perché nessuno si fa domande? Il modo più semplice, più rapido, più divertente, più efficace e infallibile per trovare buone risposte è farsi buone domande! Come diceva Voltaire: “Giudicate un uomo dalle sue domande più che dalle sue risposte”. Farsi domande è un atto creativo: l’espressione di un atteggiamento che comprende curiosità, pensiero indipendente, apertura mentale, capacità di negoziare con il caos e l’incertezza.

Per quanto riguarda i bisogni che accennavo prima, essi possono essere differenti e sono davvero infiniti. Riconoscimento, amore, sopravvivenza e sicurezza sono quelli più importanti a livello psico-energetico in quanto sono legati alle sub-personalità primarie e quindi alle nostre ferite più profonde. Ogni essere umano, durante la propria vita, affronta diversi traumi reagendo ad essi con delle difese psichiche. Esse rispondono a dei bisogni, emozioni, stati d’animo ben definiti: depresso e bisogno di amore, schizzoide e bisogno di sopravvivenza, isterico e bisogno di riconoscimento, ossessivo/bisogno di sicurezza. Vi sono poi i bisogni in superficie, a me piace definirli come maschere per non entrare in contatto con se stessi e quindi non esporsi troppo. Ecco alcuni esempi: bisogno di controllo, affetto, parlare, lamentarsi, isolamento, compagnia, distrazioni, mentire, conforto, farsi notare, scaricare la responsabilità, faticare, sentirsi in debito, recitare, sentirsi in credito, avere o non avere sensi di colpa.

Era il 28 Novembre 2016, ero in Tunisia ad Hammamet e il giorno seguente avrei dovuto giocare il match alle 09.00 del mattino. Chiesi a una ragazza numero 700 WTA (Woman Tennis Association) di scaldarmi e acconsentì. La notte verso le 23.00 mi scrisse un messaggio del tipo: “mi dispiace, il mio allenatore vuole riposare e visto che non può venire a vedermi non posso fare riscaldamento”. In questo caso potremmo essere di fronte ad un fortissimo bisogno di sicurezza, un legame per niente in equilibrio con l’allenatore, un atleta senza una propria motivazione interiore.

La mia missione come Mental Coach è cogliere i bisogni e i desideri reali e profondi degli atleti che ho di fronte, far uscire la loro motivazione vera e i loro perché, renderli i protagonisti del viaggio in modo consapevole e in totale autonomia e responsabilità, stimolarli a scegliere di essere liberi “dal sistema”, vivendo i propri sogni! Il fatto di rendere l’atleta indipendente penso sia una grande forma di rispetto, questo implica un continuo lavoro introspettivo da parte del Coach. Sono fortemente convinta che il primo passo per l’auto-realizzazione dell’individuo sia essere e sentirsi il soggetto delle proprie esperienze. Ognuno di noi è unico, il modo di relazionarsi ottimale per iniziare a capire chi si vuole essere, o diventare, è tramite le domande… E tu, cosa desideri realizzare nel profondo?

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