Un articolo dal nostro Coach Alberto Biffi, ma anche Professore di Statistica in Università Bocconi e Università Bicocca a Milano.

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A volte sento dire che fare lo studente universitario è facile, che non è stressante, che può fare ciò che vuole, che si diverte e basta. Quello che posso dire, dal mio punto di vista privilegiato di Docente, in diversi Atenei Milanesi, è che fare lo studente è una professione! Questa affermazione non è una affermazione di poco conto, provate a compilare qualsiasi questionario di profilazione dove viene chiesta la professione, e non troverete la voce studente… Dico questo perché da questa affermazione seguono molte considerazioni.

Possiamo partire da quello che è un po’ per tutti in questo periodo, e cioè un cambiamento epocale delle professioni e dei consumi. Tutte le professioni sono cambiate, e quella dello studente? Mettetevi nei panni di uno studente, se non lo siete, e considerate che egli oggi fruisce delle lezioni on line, vive lo studio in un contesto diverso dal solito (prevalentemente la sua casa) lontano da quello universitario, ha dovuto cambiare la routine quotidiana nello studio fatta di punti fermi, vive lontano dagli altri studenti con azzeramento delle attività collaterali. Come ha reagito a tutto ciò?

In questo periodo sono rimasto in contatto con gli studenti sia per il fatto di aver insegnato in diversi corsi, sia perché mi occupo di sport universitario. Ebbene ci sono state diverse reazioni, quella più frequente è stata la difficoltà di riprendere il ritmo dello studio. In tutte le professioni è importante l’aspetto mentale e lo studio ne è la massima espressione. I primi feedback che ho ricevuto all’inizio sono stati che giornate intere si sono rivelate inconcludenti, con difficoltà di concentrazione e distrazione da parte dei familiari, e così via.

Poi c’è stata la svolta a due vie, da una parte studenti che hanno analizzato la loro produttività in termini di studio giudicandola molto bassa, malgrado maggiori ore di studio, e con una concentrazione valutata attorno al 50-60%. Questo gruppo dotato delle famose soft skills con chiari obbiettivi ha svoltato nel trovare un nuovo modo di allenamento mentale. Risultato ne è stato che ha raggiunto gli obbiettivi superando anche le aspettative. Cosa è successo dell’altra parte di studenti? È rimasta in mezzo al mare facendosi cullare qua e la, e ha lasciato gli ormeggi nell’attesa che passasse il tutto, e dunque ha frequentato le lezioni in maniera passiva senza spingersi a capire come superare le difficoltà; risultato: ha avuto parecchie difficoltà di performance agli esami con stati d’ansia notevoli.

Cosa ci insegna tutto ciò? Ci insegna che nelle prestazioni di ognuno di noi, soprattutto per lo studente, è importante la parte del contenuto e, nel nostro caso, lo possiamo tradurre nello studio, ma anche che è importante la parte fisica, infatti l’inattività fisica porta ad un irrigidimento con conseguente precoce affaticamento. Ultimo e non ultimo: l’allenamento mentale è importante per gestire le emozioni nelle prestazione dello studio, funzionali poi ai risultati degli esami!

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