Giovedì 31 Marzo, Corriere Salute (inserto del Corriere della Sera), ha pubblicato uno special sul Mental Coaching, coinvolgendo il nostro Mental Trainer e Co-Fondatore di University Coaching, Alberto Biffi. Qui di seguito un estratto, e al seguente LINK il pdf completo.

Che cosa significa concentrarsi su un obiettivo? E come riuscire a raggiungerlo efficacemente? Esistono tecniche e strategie a questo scopo, che possono servire per vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi, ma anche per superare un esame universitario o crescere professionalmente? I «mental coach» preparano gli atleti aiutandoli a trovare le risorse interiori per ottenere il miglior risultato. E diversi studi scientifici confermano l’efficacia delle loro strategie in ogni ambito, non solo nelle competizioni sportive.

Rimanere concentrati per tutta la gara, sgomberare la mente da pensieri inutili, calcolare in poche frazioni di secondo tutte le variabili possibili. Ottenere il massimo risultato a livello agonistico, ma anche nella quotidianità lavorativa e scolastica, non è solo questione di muscoli e dieta, conta molto l’aspetto mentale che, ad altissimi livelli, può fare davvero la differenza. Per arrivare a una medaglia d’oro alle Olimpiade o vincere uno Slam nel Tennis la forza mentale è un ingrediente essenziale. Ed è per questo che sempre più atleti si rivolgono a un Mental Coach per raggiungere una preparazione mentale che, unita all’allenamento fisico, contribuisce a raggiungere gli obiettivi prefissati.

“ll Coaching non consiste nel motivare le persone stando costantemente al loro fianco, altrimenti il Coach dovrebbe essere sempre presente. Piuttosto il Coaching aiuta a inquadrare i giusti obiettivi, a gestire le emozioni, a riconoscere il pericolo di situazioni problematiche come ansia o distrazione, e a mettere in campo una serie di tecniche per tornare a focalizzarsi sull’evento, valutando le situazioni in modo obiettivo e distaccato” spiega Alberto Biffi, docente di Coaching alI’Università Bocconi di Milano presso Bocconi Sport. Il Coach non è uno psicologo, non va a scavare in traumi infantili o nella sfera intima. Le sedute possono essere anche solo 4-6, il tempo di inquadrare un singolo problema come una gara o un esame all’Università, e trovare la strada per risolverlo, fino ad arrivare all’autonomia e a una maggiore responsabilità dell’assistito. 

Le ricerche scientifiche, per lo più in ambito sportivo, hanno dimostrato l’efficacia del Coaching. Uno studio pubblicato un anno fa condotto da varie Università in Olanda su calciatori della nazionale e campioni di atletica leggera, ha dimostrato che quattro sessioni di mental coaching in una sola settimana sono bastate a stabilizzare le onde cerebrali degli sportivi su un livello che indicava un maggior relax mentale e dunque maggiore capacità di concentrazione.

Un’altra ricerca della società americana Better Up pubblicata nel luglio scorso sul Journal of Medical Internet Research, ha valutato il coaching in ambito aziendale su quasi 400 persone, scoprendo che gestione dello stress, resilienza e soddisfazione personale sono migliorate costantemente nei primi 4 mesi, mentre altri parametri come regolazione emotiva, auto-consapevolezza, individuazione di uno scopo hanno raggiunto il massimo potenziale in 6 mesi.

In una competizione, ma anche durante una conferenza in cui si è relatori, ansia e stress possono giocare brutti scherzi. “Basta che arrivi qualche errore — ricorda Alberto Biffi — e la mente non è più lì. Si comincia ad essere nervosi, a proiettarsi in un futuro negativo con la paura di quello che penserà il pubblico, oppure a ricordare un fallimento passato fino ad arrivare al panico. Se però, allenandosi a farlo, si intercettano i pensieri negativi, è possibile rientrare in carreggiata”.

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