Francesca Denti, ha iniziato a giocare a tennis all’età di 6 anni presso il TC Colico raggiungendo nel tempo livelli nazionali. Attualmente è al terzo anno del corso BIEM presso l’Università Bocconi di Milano. Vincitrice con la Squadra di Bocconi Sport Team allo European Clay Tournament 2019 a Montecarlo; finalista ai Campionati Universitari Milanesi 2019. Vincitrice del Bocconi Single Tournament 2019. Con il Bocconi Tennis Team sta seguendo anche un percorso di Mental Coaching, e con l’occasione è stata fatta un’analisi del film “Borg McEnroe” di Janus Metz Pedersen, che qui ci propone.

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“La rivalità perfetta”, così viene definita quella tra i due campioni del tennis Bjorn Borg e John McEnroe e raccontata da Janus Metz nella pellicola “Borg McEnroe” del 2017. Il film racconta le vicende che portano il giocatore svedese a conquistare il quinto titolo di Wimbledon consecutivo. Il vero focus però non è sugli eventi quanto sulla personalità dei due protagonisti ed il loro approccio al gioco del tennis, alla competizione e alla vita in generale.

Borg e McEnroe vengono presentati come l’uno l’opposto dell’altro, sia per quanto riguarda lo stile di gioco che per il loro modo di vivere le stesse situazioni ed esternare le proprie emozioni. Lo svedese viene definito come “il martello pneumatico”, giocatore da fondocampo che ha nella forza e la costanza le sue migliori qualità, mentre l’americano viene paragonato ad una lama affilata, con il suo brillante stile serve and volley. Uno apparentemente freddo e distaccato, l’altro emotivo e ribelle.

Durante la pellicola capiamo come Borg arrivi a sviluppare questo tipo di carattere. Da ragazzino il campione aveva un’attitudine piuttosto rabbiosa nei confronti del tennis: sfogava la sua frustrazione sul campo ed era piuttosto ingestibile. Tutto cambia quando il giovane viene approcciato dal capitano di Coppa Davis svedese, il primo a vedere in lui qualcosa di speciale. Dopo un primo momento in cui il rapporto tra i due sembra difficile l’uomo arriva a far promettere al giovane Borg di non mostrare più una singola emozione, trasformando un ragazzo ribelle in un uomo glaciale e meticoloso. Questo cambiamento è probabilmente ciò che gli permette di scalare l’olimpo del tennis, la grande concentrazione, la precisione quasi maniacale e la freddezza. In contemporanea però il tenersi tutto dentro porta Borg a provare un crescente malessere interiore. Ciò è evidente in diversi episodi, da quanto il giocatore chiede se una partita sospesa per pioggia possa essere rimandata, alla lite con il suo allenatore prima della semifinale, causata proprio dallo sfogo dell’ansia e dello stress di Borg.

La presenza di un avversario come McEnroe non fa che contribuire allo stato di negatività ed angoscia dello svedese. L’americano è considerato come l’unico possibile ostacolo tra Borg e la vittoria del quinto Wimbledon consecutivo ed il fatto che sia un personaggio dal carattere così dirompente probabilmente crepa l’apparente calma del pluricampione. McEnroe è irriverente, sfacciato ed aggressivo, sia dentro che fuori dal campo, lo dimostra per esempio il modo in cui il giocatore si comporta durante le conferenze stampa: prendendosela con i giornalisti non appena riceve una domanda scomoda. Quando gioca invece, esterna qualsiasi cosa gli passi per la testa: inveisce contro l’arbitro, non esita a sfogare tutta la sua rabbia, durante una partita arriva persino a lamentarsi di alcuni piccioni che volano sopra il campo. Questo atteggiamento però al posto di distrarlo lo carica e lo spinge a dare il meglio di sé, per quanto riguarda il gioco.

Si può intuire però come anche McEnroe subisca in un certo senso la personalità di Borg, non riesce a capire come per lui sia possibile non lasciar trasparire alcuna emozione e lo definisce come “non umano”. “Il gentiluomo e il ribelle”, l’essere così diversi, quasi diametralmente opposti, ed il soffrirsi a vicenda sono due dei fattori che hanno reso questa rivalità estremamente affascinante.

Guardando questo film, chiunque giochi a tennis è naturalmente portato a riflettere sulla propria attitudine verso questo sport. Ci sentiamo più simili a Borg o a McEnroe? Personalmente mi sono sentita molto simile al giovane Borg, in quanto mi sono riconosciuta in certi atteggiamenti come il non accettare la sconfitta ed esternare la frustrazione sul campo. Ho sempre avuto delle difficoltà a gestire le mie emozioni e più volte ho avuto delle accese discussioni sia con i miei genitori, che con i miei allenatori, proprio per questo motivo. Con il tempo però mi sono resa conto che al contrario di McEnroe, questo sfogarmi sul campo da tennis non faceva altro che distrarmi da quello che succedeva, ed ero più concentrata sulle mie emozioni che sui miei colpi e sui singoli punti. Sono arrivata quindi alla consapevolezza di dover trovare un equilibrio emozionale che mi avrebbe permesso di rimanere focalizzata sulla partita invece che sulle mie emozioni.

Questo processo non è stato assolutamente facile, anzi in un primo momento provare a reprimere le reazioni, che solitamente avevo, rendeva ancora più difficile concentrami sul match, perché appunto, la mia attenzione, era rivolta esclusivamente al non mostrare le emozioni che sentivo arrivare. Ciò che mi ha permesso di trovare un equilibrio è stato il ragionare sul fatto che per quanto potesse essere importante il tennis per me, nella vita c’è anche molto altro e quindi una sconfitta non avrebbe mai dovuto essere vissuta come una tragedia. Questa riflessione mi ha portato a vivere questo sport in maniera molto più serena, rendendo le mie emozioni e reazioni molto più bilanciate.

 

Bocconi Sport Team vince lo European Clay Tournament 2019, qui nella foto insieme al Rettore dell’Università Bocconi di Milano, Gianmario Verona. Francesca Denti è la giocatrice seduta in basso a sinistra.

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