Genni Formati, appena entrato nel Team Ambassadors di University Coaching®, è Mental Coach Professionista e fondatore di Artistic Mental Coaching, un percorso per tutti, non per i soli artisti, ed una visione del Coaching che considera tutte le persone degli artisti. “Anche se non avrai mai tra le mani uno strumento musicale, un pennello o uno scalpello, la vita stessa è la tela su cui disegnare, le tavole su cui danzare, lo strumento musicale da far suonare…”.

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Sembra che la nostra esistenza, sia una continua danza per trovare le condizioni che ci aiutino a restare sul podio, per riuscire a guardare negli occhi tutti gli orchestrali, che attendono desiderosi e bisognosi di essere ascoltati, compresi, guidati e semplicemente rispettati. Talvolta il Direttore esausto, decide che non vale più la pena provarci, abbandona l’orchestra, che per funzionare dovrà comunque organizzarsi in autonomia, con un orchestrale provvisorio, che pur non conoscendo la partitura dell’intero organico, proverà a far suonare l’orchestra in modo che abbia almeno un suono dignitoso. Ma così la musica non si rinnova, non c’è vitalità, non c’è il Direttore che dirige attingendo dall’unica fonte creativa, non ci sono i sorrisi degli orchestrali che ascoltati nelle loro rimostranze, si sentono appagati e si rimettono alla direzione del direttore, unico Se, che può dirigere con rispetto, determinazione e gentilezza. Se il Direttore è lontano dal podio soffre, più è lontano più aumenta la sofferenza e più il fragore degli orchestrali cresce. L’orchestra è in subbuglio, i violinisti suonano le parti dei fiati, i percussionisti eternamente bistrattati rivendicano di essere ascoltati e con fragore emettono suoni che litigano con la dolce melodia dell’oboe… Sentite che musica?!!! È l’orchestra interiore che alberga dentro di noi… È il nostro dialogo interno.

Nelle sessioni di Coaching creiamo le condizioni per cui il Direttore ritorni sul podio o comunque ristabilisca un contatto con la postazione di direzione. Il podio talvolta intimorisce, perché crediamo di non esserne all’altezza, eppure è la postazione naturale, la più bella e affascinante, è quella che ci rende dignitosi delle nostre scelte, lì dove dirigiamo la nostra vita, vincendo le interferenze che ci vorrebbero diversi da quello che desideriamo essere. Non stiamo analizzando la storia degli orchestrali, li stiamo semplicemente osservando ed accogliendo. Se osservate un’orchestra suonare, il suono è unico, sembra uscire da una sola mano, è la mano del Direttore, se guardate negli occhi gli orchestrali il loro sguardo non abbandona mai il Direttore, anche se le tante prove farebbero suonare comunque quell’orchestra, ma per funzionare, l’orchestrale ha bisogno di percepire nello sguardo del Direttore che è connesso perfettamente con l’onda unica, che solo chi dirige può creare in quel preciso istante.

Le istanze che arrivano da dentro di noi, in parte sono i nostri bambini interiori che scalpitano per essere accolti, quante volte abbiamo fatto l’esperienza di accogliere con semplicità nostro figlio, o un qualsiasi altro bambino in preda ai capricci e ad una crisi che sembrava essere l’inizio di una guerra mondiale, ma tutto si è immediatamente placato in un sorriso tra le lacrime, quando senza troppe razionalizzazioni, analisi o moralismi, semplicemente lo abbiamo accolto tra le nostre braccia. Non è quello che vorremmo tutti noi, lasciarci andare tra le braccia della persona di cui proviamo fiducia e amore?

Nelle sessioni di Coaching spesso troviamo mille modi per motivare la nostra distanza dal podio: la vita mi travolge, ci sono esigenze che incombono, priorità economiche da gestire, la vita concreta che mi assorbe, i mie desideri non possono avere più spazio, non riesco più a sognare, non so più cosa desidero. È una scusante che ci concediamo? No, è la nostra realtà, è semplicemente quello che stiamo vivendo, appartiene al nostro cammino e da li possiamo uscirne con maggiore forza. Se la definiamo una scusante, è un giudizio e sicuramente già stiamo creando un blocco, se osserviamo (solo osservare, attenzione qui non stiamo analizzando, ma semplicemente stiamo osservando i meccanismi, i processi che ci stanno dirigendo e stanno condizionando la nostra vita) quindi se osserviamo bene, solitamente è una voce giudicante, forse è un violinista che chiede di essere ascoltato e fa la voce grossa da contrabbasso.

Come fare con le voci giudicanti? Le accogliamo, senza identificarci, cercando di non personalizzare l’offesa che ci investe. Abbiamo detto che il Direttore accoglie, con determinazione e amorevolezza. Quindi l’attenzione è a non identificarsi con nessun orchestrale, noi siamo li solo per dirigere e sostenere come un adulto sostiene i propri figli. In altre parole il Direttore diventa anche Padre o Madre di se stesso. Dentro di noi albergano, modelli di vita, preconcetti, bambini che auspicano ricevere ciò che non hanno ricevuto, bambini capricciosi, voci contrastanti, aggiungete voi alla lista la moltitudine di variabili possibili… Il Direttore crea l’onda sonora, unica in quell’istante, cui tutti gli orchestrali dovranno aderire, la condizione ottimale per la convivenza dell’organico.

È difficile, è facile fare tutto questo? Ne l’uno ne l’altra, bisogna solo osservare i processi automatici che ci dirigono, ma senza giudizio, altrimenti un meccanismo di difesa farà calare un velo per nascondere ciò che è li davanti a noi, per salvaguardarci dalla nostra difficoltà ad osservare la nostra realtà. L’osservazione non giudicante è quella condizione in cui preferisco osservare la semplice realtà che mi si staglia davanti, per il piacere di accedere alla Direzione, salire sul podio e finalmente riprendere a dirigere, per poi agire con una azione rinnovata che nasce dal centro del nostro sentire artistico, una condizione che innescherà conseguentemente il nostro cambiamento interiore. Quindi osservare diventa un allenamento giornaliero, non è una gara non si vince nulla, se avvertiamo lo spirito di gara, e succede spesso, è probabile che ci stiamo identificando con un orchestrale, ricordiamo noi siamo il Direttore, non si vince nulla ma si ottiene il dono più bello che riceviamo alla nascita, la connessione con il nostro sentire interno, che con leggerezza dirige le nostre scelte, le nostre azioni. Stiamo ritornando ad avere fiducia in noi stessi, a non fare semplicemente le scelte per funzionare socialmente bene, ma per essere vivi nelle scelte che facciamo, nelle relazioni con gli altri e con noi stessi. Per dirla con gli Archetipi, torniamo al nostro Innocente con una fiducia ritrovata, dopo aver riportato l’Orfano in luce, ed aver attraversato le diverse fasi del nostro viaggio archetipico.

Il Coaching ci tiene allenati ad osservare, semplicemente ad osservare, i processi i meccanismi che stanno dietro alle nostre storie e che le determinano, affinché il Direttore d’orchestra si senta sempre più all’altezza di dirigere la propria vita, scardinando modelli non fruttuosi e principalmente non in linea con la propria volontà interna. Non è questo un progetto meraviglioso? È il progetto più democratico che esista, perché è di tutti, non lo facciamo per primeggiare altrimenti ci stiamo identificando con un orchestrale in protesta che ama primeggiare, lo stiamo facendo per essere unici, non per essere i primi. Immaginate la risorsa di restare quante più tempo possibile connessi con questa modalità esistenziale, aiutarsi in questo processo democratico, visto che siamo tutti alle prese con il nostro essere Direttore d’orchestra, per riconoscere chi siamo, cosa desideriamo veramente essere e diventare.

Abbandoniamo la nostra urgenza a consigliare agli altri ciò che è giusto o sbagliato, solitamente neppure abbiamo ricevuto l’invito a dare un nostro parere, è più fruttuoso dirigere le nostre energie a prestare attenzione e ad ascoltare ciò di cui abbiamo bisogno tutti noi, anche perché se non ascoltiamo, che ne sappiamo cosa profondamente desideriamo, come possiamo dare aiuto a noi e agli altri senza aver prima dato ascolto. Più ci alleniamo ad ascoltare il nostro sentire e ad osservare le dinamiche dei nostri processi incontrollati  ed automatici, più daremo spazio al sentire altrui. Io continuo a provarci, a che punto sono, non lo so e non mi interessa saperlo, non è una gara, è uno stile di vita quotidiano. Che la vostra musica suoni, come desideriate debba suonare!

Se senti la spinta a partecipare ad una sessione di Coaching, avere chiarimenti sul Coaching o ad organizzare un gruppo di Auto Coaching, chiamami o inviami un messaggio whatsapp al 348 7836353 oppure una mail a genni.formati@universitycoaching.it

Se non sei lontano da Napoli ci vediamo in presenza, diversamente online, ma posso raggiungervi per delle sessioni di gruppo, ovunque voi siate… A presto sentirvi!

 

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