Fabrizio Verri, Mental Coach Professionista e Ambassador di University Coaching, ci propone il suo punto di vista, in veste Coaching, sul film “Veloce come il vento” conosciuto anche col titolo internazionale “Italian Race“; è un film del 2016 diretto da Matteo Rovere, liberamente ispirato alla vita del pilota di rally Carlo Capone.

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Bella pellicola cinematografica che scorre rapida, in cui i personaggi sono solo tratteggiati e ciò contribuisce a rendere veloce il ritmo del film, che passa da sequenze di folli race su circuiti cari, ai simpatizzanti della velocità su quattro ruote, a momenti di stasi in cui tutti i protagonisti devono fare i conti con sé stessi. Nel film non si parla solo di corse e di motori, ma anche di forza e fragilità, di solitudine e di unione, di famiglia, di libertà e di dipendenza dalla droga e forse, soprattutto, di emozioni. Mi ha colpito in particolare quello che penso possa essere il messaggio tra i messaggi lanciati dal regista, e cioè il monito a lottare per i propri sogni, a credere in sé stessi sempre e comunque, e lo sprone a non smettere di cercare, per ritrovare quei rapporti umani perduti. Il rapporto fra i due fratelli Loris e Giulia è sbilanciato, è la sorella diciassettenne a ricoprire il ruolo dell’adulto per responsabilità, rettitudine, perfino per senso civico, ma è Loris, nella sua incoerenza, a darle gli strumenti per affrontare la vita. Loris, pur non in grado di redimersi totalmente, mette a fuoco l’importanza di sacrificarsi per la famiglia, entrando dapprima sguaiatamente nella vita di Giulia e del piccolo e a lui sconosciuto Nico, poi imparando ad amarli e ad essere amato. Nico, poco propenso ad esternare i propri sentimenti, a poco a poco passa dall’indifferenza all’ammirazione per il fratello, fino a dimostrargli, nel finale, fisicamente il suo affetto.

Penso che uno dei migliori insegnamenti che il film porti sia quello della presa di consapevolezza di ciascuno dei personaggi che evolve, cresce e matura facendo i conti con il proprio passato.
E forse sono quei legami familiari spezzati che aiutano tutti i personaggi a “lasciare andare” rancori e incomprensioni, atteggiamenti ostinati, persino i sentimenti che difendono i ricordi (la madre ricordata da Giulia non è quella che in realtà si è dimostrata, in senso negativo; il ricordo del padre da parte di Loris, che risente di rivalità sportive e generazionali, non è quello che in realtà Loris riscopre ritrovando la sua auto da competizione conservata dal padre come una reliquia). Loris, con il procedere della vicenda narrativa, da personaggio non propriamente positivo, grazie alla riscoperta dei valori della famiglia, della casa, della rettitudine, viene percepito con una particolare empatia dallo spettatore.

Nel dipanarsi della trama emergono alcuni elementi del Coaching che vanno dal sottile rapporto tra Coach/Coachee, trasposto tra Loris e Giulia: è Giulia a stimolare, con atteggiamenti verbali e non verbali, Loris a trovare un Focus che gli permette di uscire, sebbene solo per un breve periodo, dal suo stato di prostrazione, e a farlo sentire importante, a ritrovare per un momento la strada, a suo tempo interrotta, per realizzare la propria Leggenda Personale. Pronto a pensare che la gente, comunque, gli volterà sempre le spalle, quando vede Giulia considerare loro due una squadra, recupererà impegno e dedizione e diventerà una spalla sicura su cui appoggiarsi. Infatti Loris stimola Giulia a capire che è necessario vivere nel Qui e Ora, ma che è anche indispensabile uscire dalla propria zona di comfort (“fai sempre le curve troppo arrotondate, devi tagliare!”), spronandola a vedere oltre (“Non affrontare ogni curva come se fosse l’ultima, perché dietro ce ne sarà sempre un’altra. Non pensare alla curva che hai davanti ma a quella che ancora non vedi”). Giulia dal canto suo ha chiara la performance da compiere per raggiungere l’obiettivo, ma un obiettivo che nasce da un bisogno, immediato (la necessità di attendere al debito contratto dal padre) e uno più personale, forse allora un desiderio piuttosto, di autorealizzazione a cui tendere.

Infine mi è sembrato di cogliere un altro elemento che emerge da entrambi i protagonisti: Giulia, alla guida dell’auto del fratello, inseguita da balordi, sollecitata da Loris, si estranea da
tutto, entrando in uno stato di massima concentrazione ed esprimendosi al meglio; così come farà Loris in gara nell’International Race, visualizzando prima e mettendolo in pratica poi, ogni azione, quando sarà all’interno della competizione. Quindi Concentrazione e Visualizzazione sono utilizzate in modo funzionale al raggiungimento della Performance. L’ultima riflessione è per Giulia, e per tutti noi, Coach e Coachee: forse costanza e precisione non bastano senza una componente di rischio e di passione che portano davvero ad azzardare un poco di più, quel poco che serve per fare la differenza, perché alla fine “se hai tutto sotto controllo vuol dire che non stai andando abbastanza veloce”.

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