Francesca Maggioli, in questa prima parte della Relazione sul libro di Alberto Biffi “Oltre le Strade Sfavillanti”, ci introduce al testo coinvolgendo il suo Essere Coach in primis. Laureata in Economia Aziendale presso l’Università Luigi Bocconi con indirizzo in Gestione delle Imprese internazionali, è cresciuta professionalmente in aziende multinazionali e italiane del largo consumo ricoprendo diversi ruoli nell’ambito Finance e Business Development sia in Italia che all’estero. Mental Coach Professionista, oggi è Ambassador di University Coaching.

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Nel suo libro Alberto Biffi parla dritto al cuore e alla mente del lettore, a un futuro Mental Coach, parla dritto a me. Mi ha molto coinvolto suscitandomi forti emozioni. Ha fatto fare un “click” alla mia testa: mi ha reso più consapevole e mi ha messo difronte alla mia vera me stessa, con tutte le sue potenzialità, entusiasmo, fragilità e paure.

Dal libro emerge la sua energia e passione per la propria professione, il desiderio di condividere la propria esperienza e la grande voglia di far crescere nuovi futuri Mental Coach. Con tanta consapevolezza e credibilità, Alberto, raccontando apertamente il suo percorso e i suoi pensieri, consente di sentirci nei suoi panni. Ho percepito le sue emozioni e in qualche modo mi ci sono ritrovata anche io. Automaticamente ho capito che i dubbi e le paure di non sentirsi talvolta all’altezza sono normali, anzi possono essere potenzianti se accolti e affrontati mentalmente nel modo corretto.

Prima di leggere il libro avevo definito la mia meta, ma non avevo ancora tracciato la mia Road Map per raggiungerla. La mia meta è diventare un Mental Coach capace e competente, tuttavia non riuscivo ad avere un’idea complessiva di dove mi trovavo, di cosa avrei fatto e cosa mi avrebbe aspettato. In realtà su molti aspetti è ancora così, ma la differenza è che dopo aver letto il libro ho steso un primo draft della mia Road Map per realizzare il mio obiettivo. Come Alberto ho fatto la mia valigia con tutto ciò che mi rende contenta, con l’entusiasmo, la voglia di fare bene, la voglia di crescere e mi sono messa in pista seppur ancora disorientata in questo viaggio per diventare una Mental Coach capace, competente, solida e responsabile. Nei momenti in cui mi sento più instabile, il ricordarmi il “perché” lo faccio mi agevola e mi rimette in carreggiata. Sento che questa professione è nelle mie corde, perché quando osservo un atleta durante una performance intuisco il suo potenziale e il suo stato d’animo, mi viene voglia di supportarlo e dargli degli strumenti per allenare la sua mente a rimanere nella sua “Zona di concentrazione positiva”, senza interferenze. Con il raggiungimento della sua massima performance, l’Atleta crea valore per se stesso, ma automaticamente anche per me.

Sono con te, ma sempre un passo indietro, non invado, so aspettare, cresco insieme al sogno che mi affidi”. In queste parole è riassunto per me il significato di essere Mental Coach. È esattamente quello che già, non completamente consapevole, faccio come madre dei mie figli, Ginevra e Carlo. Il Mental Coach può intervenire incoraggiando il suo Atleta a sentire e vedere, a presentargli la situazione in modo chiaro, ma non agisce mai al posto suo. La sua funzione è offrirgli tutti gli elementi affinché l’Atleta possa fare centro autonomamente. Definire una Road Map ha portato ordine, ho creato una serie di passaggi per arrivare alla mia meta, con una data di inizio e una di termine delle varie attività, elencando gli ostacoli che prevedo di incontrare durante il mio percorso. Ho capito che gli ostacoli celano le riposte ed è qui dove devo lavorare maggiormente.

Come scrive Alberto, non ci sono più alibi! “Precedenza alle routine quotidiane”, “Non ho tempo”, sono i miei alibi preferiti. Si tratta invece di avere una solida Road Map e spingermi un passettino alla volta fuori dalla mia zona di comfort. Allenarmi costantemente a uscire dalla zona di comfort, ovvero da tutto ciò che conosco meglio, dalle abitudini, da tutto ciò che mi da sicurezza e mi rassicura, ma che allo stesso tempo mi limita. Espandere la mia zona di comfort è ora un allenamento quotidiano, è una capacità che cerco di allenare quotidianamente spronandomi ogni giorno a fare un piccola cosa in cui mi sento scomoda. Ci provo, un passo alla volta, alzando lo sguardo, ce la faccio, e non solo, voglio andare oltre…!

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