Camilla Lugli, Mental Coach Pro, dopo un’esperienza presso l’Accademia Sport e Tennis Olistico come Insegnante di Tennis, ha finalmente realizzato un suo grande sogno: fare la volontaria in Africa! Non vi anticipiamo nulla, vi lasciamo alla lettura, come sempre colorata, di Camilla…
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“NON SAPEVO CHE NASCERE FOLLE, APRIRE LE ZOLLE POTESSE SCATENAR TEMPESTA” Uno dei versi della poesia di Alda Merini.
Sono sempre più convinta che il tempo seppur a volte sembra che si fermi (soprattutto quando ci si annoia), passi velocissimo, sono già passati 2 anni e mi ricordo che per l’esame di Mental Coaching Pro dovevamo scrivere un articolo sul nostro modo di vedere il Mental Coaching. Io nella parte iniziale avevo raccontato la storia del medico, Pierdante Piccioni, che a maggio del 2013 in seguito ad un incidente entrò in coma. Quando si risvegliò, poche ore dopo, era convinto che fosse il 25 ottobre 2001. A causa di una lesione alla parte sinistra della corteccia cerebrale, aveva perso la memoria e si risvegliò dodici anni prima della realtà che stava vivendo. Leggendo il suo libro c’era una frase che mi aveva fatto riflettere: “c’era qualcosa che mi mancava in tutto quello che mi raccontavano, qualcosa che apparteneva al tempo perduto, alla mia memoria cancellata: un vuoto che nessuno poteva riempire. Nemmeno io. C’é il cielo sopra di noi, e c’é la terra sotto i nostri piedi. Insieme facciamo una realtá sola. Ma nel mondo degli uomini c’é una cosa che non hanno nè il cielo e nè la terra, e che nessuna medicina ci restituisce o ci può aggiustare, e sono le nostre emozioni”.
Paura, gioia, gelosia, disprezzo, vergogna, tristezza, felicitá, ansia e ira… Queste sono alcune delle emozioni che ognuno di noi prova. Le emozioni sono parte integrante della nostra vita. La capacitá di riconoscere i nostri sentimenti, e quelli degli altri, viene chiamata da Daniel Goleman, Intelligenza Emotiva. Sviluppare l’intelligenza emotiva significa quindi permettere di convogliare efficacemente le proprie emozioni per utilizzare le nostre risorse e potenzialità verso risultati importanti in ogni condizione. Spesso, in alcune situazioni, devo ammettere che le mie emozioni prendono il sopravvento. Sopratutto adesso che vivo da quattro mesi in Madagascar, ed é tutto molto diverso dalla mia solita routine nella mia casetta vicino al duomo di Carpi. Tutto è molto nuovo, e ogni giorno sorgono tanto domande quasi tutte senza una risposta esaustiva e concreta. Infatti per raccontarvi cosa sto facendo ho sentito il bisogno di farlo in terza persona pensando di essere una rana malgascia, per distaccarmi dalla mia parte emotiva che probabilmente prenderebbe il sopravvento ed inizierebbe a balbettare o a piangere.
“Saltello, saltello, gracido, emetto un verso rauco intermittente, sopratutto di notte. Faly mahafantatra anareo aho (contenta di conoscervi), io sono una piccola rana malgascia, color arancione a pois, il mio nome è Rakoto Colgate. Vivo in Madagascar precisamente a Manakara, a sud-est sulla costa orientale. Sono una rana piccolina, ho appena un anno. Il giardino in cui vivo è molto grande, sono circondata da piante terapeutiche, fiori bizzarri e colorati, da melanzane, pomodori, ananas, papaje, angurie e tanti altri frutti. Poi in questo giardino c’è anche una casetta in cui ci sono degli animali particolari, in testa hanno una cresta rossa ruvida, sotto il collo i bargigli, hanno becco ed occhi rotondi, si muovono rette con il petto all’infuori, pensate che peculiarità; le loro zampe sono corte ma robuste costituite da quattro dita, di cui tre rivolte in avanti e una all’indietro. Ma non sono gli unici animali stravaganti che vivono con me, perché sono presenti delle creature chiamate “esseri umani” che non sono a pois neri e arancioni, sono bianchi, bianchi, pallidini e vengono dall’Italia, chissà di che coloro sono le rane lì. All’inizio mi facevano un po’ paura però adesso mi sono abituata. L’altro giorno mi annoiavo, quindi, appena Camilla era in procinto di uscire con la bici, l’ho seguita e con estrema eleganza ho eseguito un salto carpiato, intrufolandomi dentro al suo zaino. All’inizio non sapevo dove stessimo andando, poi mi sono orientata, eravamo sulla strada che porta ad Ambokala.
Percorrerla in bici ci si mette di meno che ad andare saltellando, non fermandoti, pedalando, puoi osservare contemporaneamente la frenesia ma anche la staticità della gente: chi cammina e trasporta “zavatra” e dirige altri animali buffi, gli zebù con la gobba, e chi sdraiato vende frutta, verdura, dolcetti, vestiti, carne e tante altre cose. Dopo più o meno una ventina di minuti, finalmente, arriviamo al villaggio terapeutico di Ambokala, è un dei luoghi in cui Camilla presta servizio, e non è l’unico posto. L’altro servizio è aiutare all’oratorio della parrocchia “Ambalapasoavana”. Ci sono già stata in oratorio e ho notato che i pischelli saltano in alto quasi quanto me. Per ore sono capaci di saltare un filo elastico utilizzando una certa tecnica tutta loro, elegante ed efficace. Invece il villaggio terapeutico di Ambokala é la prima volta che lo visito. A prima vista sembra una fattoria perché all’accoglienza ci sono le capre dell’infermiera. Sono presenti anche gattini, galline, cani, anatre e oche che scorrazzano indisturbate. Poi piano piano riesco ad uscire dallo zaino di Camilla, e finalmente vado in esplorazione, osservo altri animali ed incontrando gli “esseri umani” e i loro famigliari che vengono qui per curarsi.
Mentre rincorro, ovviamente sempre saltellando, un moscerino bello paffutello, mi scontro con un altra “extra terrestre” umana italiana, con sembianze ormai malgasce. Si chiama Enrica, ed è lei che si é accorta dell’esistenza di questo posto. In tutti questi anni con semplicità, fatica, naturalezza e creatività lo ha reso “vivo”, famigliare e accessibile a più persone possibili. Enrica e tutti i dipendenti malgasci che lavorano al VTA, e i volontari di passaggio, cercano di dimostrare che l’ascolto, un rapporto paritario e sincero, dedicare tempo ed energia alla persona possono aiutare alla convivenza, alla guarigione, alla cura della malattia mentale; creando una rete sociale, delle amicizie e una attenzione reciproca, tante volte molto faticosa. È importante permettere ai malati di curarsi con psico-farmaci che avrebbero costi troppo elevati per loro, anche se alcuni farmaci per la salute mentale sono ancora oggi inesistenti qui in Madagascar, non essendoci l’autorizzazione ad importarli.
Appena mi allontano dall’Enrica sento delle voci, le seguo e mi ritrovo nella casetta delle attività. In questo momento Madame Mamma di Jan (l’assistente sociale) sta svolgendo il laboratorio di Fehiara, che consiste nel creare borse e porta oggetti, lo sta insegnando ai malati. Ci sono tante altre attivitá che si svolgono: il laboratorio di cucito, di Rafia, sport, consapevolezza corporea, falegnameria, orticoltura e infine intreccio. I laboratori sono gestiti da professori esterni, tutti personaggi molto interessanti e peculiari. Camilla mi ha raccontato che qui al VTA (Villaggio Terapeutico Ambokala), si sono curate e sono passate tantissime persone in questi anni, anche diversi volontari, ed ognuno a suo modo ha lasciato un piccolo pezzetto di sé, ed ha passato il testimone al successivo. Per esempio il laboratorio di consapevolezza corporea lo curava una ragazza volontaria italiana, quando è ritornata in Italia ha spiegato all’assistente sociale malgascia in cosa consistesse, ed oggi lo porta avanti lei. Penso sia molto importante dare continuità, stimolare e responsabilizzare chi lavora e chi si cura lì.
All’improvviso mi distraggo, il mio stomachino brontola, per fortuna arriva una folata di vento che porta un profumo in lontananza. Seguo questa ventata culinaria e mi ritrovo alla “cantine”, un cucinotto spazioso dove il “team” di cuoche storico sta preparando il pranzo, chi vuole mangiare lì, mette una quota stabilita in base alle proprie possibilità economiche. C’è anche un altro spazio per cucinare in autonomia. Purtroppo mi sa che digiunerò perché vedo che Camilla se ne sta andando, allora mi concentro, con la mia forza esplosiva compio un salto mortale con doppio avvitamento e ritorno nel suo zaino.”
Eccomi torno in me, ahimè non sono più la piccola rana malgascia. Pensandoci bene pur essendo in un contesto di estrema povertá in cui si curano patologie e disturbi mentali, vedo tanti elementi di Coaching (anche involontariamente) qui al Villaggio terapeutico di Ambokala. Per il paziente è importantissimo avere un programma in cui riesce a raggiungere anche piccoli obiettivi, e nelle ore di sport facciamo diverse attività di team building, una cosa che mi stupisce sempre di più e che si mettono tanto in gioco nonostante la fatica e la sofferenza. Quindi voglio ringraziare tutte gli “spiriti belli senza posa” e vi saluto condividendo un pezzo della poesia “LA BELLEZZA SI È CELATA” di Madeleine Delbrêl.
“Quando saranno partiti lungo piste oscure
Invita il vincitore
Vero
Del tuo mistero enorme e acquattato nella notte
Il Vincitore i cui occhi sono rimasti inchiodati al cuore delle rose, al volo della rondine, al marmo commovente
Agli spiriti belli senza posa
All’oro vergine lucente,
Ai platani vermigli, alle cose che sono belle,
Invita il vincitore senza occhi a svelare
Nell’ampio divenire dei rumori eterni
Nel tuo muto splendore che nel segreto anela l’avvenire.”